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"Io vi ammiro, voi, cristiani, perché identificate il Cristo al povero e il povero al Cristo, e quando date del pane ad un povero, lo date a Gesù. Ciò che non riesco a capire, è la difficoltà che avete a scoprire che Gesù è il povero in voi. Quando avete fame di guarigione o di affetto, perché non volete guardarlo? Quando vi scoprite nudi, quando vi scoprite stranieri a voi stessi, quando vi scoprite in prigione e malati, perchè non vedete questa fragilità come la presenza di Gesù in voi?" Da una lettera di Carl Yung ad una donna cristiana [Citazione da www.qumran2.net ]
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Uno si può ben abusare della bontà di Dio, ma giammai della sua misericordia, poiché questa suppone la cognizione della propria miseria. |
Ven. P. Pio Bruno Lanteri |
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La grande esplosione della risurrezione ci ha afferrati nel Battesimo per attrarci. Così siamo associati ad una nuova dimensione della vita nella quale, in mezzo alle tribolazioni del nostro tempo, siamo già in qualche modo introdotti. Vivere la propria vita come un continuo entrare in questo spazio aperto: è questo il significato dell'essere battezzato, dell'essere cristiano. È questa la gioia della Veglia pasquale. La risurrezione non è passata, la risurrezione ci ha raggiunti ed afferrati. Ad essa, cioè al Signore risorto, ci aggrappiamo e sappiamo che Lui ci tiene saldamente anche quando le nostre mani si indeboliscono. Ci aggrappiamo alla sua mano, e così teniamo le mani anche gli uni degli altri, diventiamo un unico soggetto, non soltanto una cosa sola. Io, ma non più io: è questa la formula dell'esistenza cristiana fondata nel Battesimo, la formula della risurrezione dentro al tempo. Io, ma non più io: se viviamo in questo modo, trasformiamo il mondo. [Clicca qui per leggere l’intera omelia] |
Benedetto XVI |
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LA PROVA Posso contemplare Gesù nel suo stato ultimo, il combattimento dell’Agonia. Egli è l’uomo nella sua ultima prova. Solo nella sua sofferenza e solo davanti alla morte. I suoi amici dormono, non comprendono ciò che sta passando. Egli è solo davanti a suo Padre e suo Padre tace. Questa agonia – combattimento supremo – secondo l’etimologia della parola –, è il caso tipo di quelle situazioni nelle quali, un giorno o l’altro, ogni uomo è sottomesso, dove davanti all’incomprensibile egli è solo. «Sono le nostre sofferenze che porta su di sé», «i nostri dolori dai quali è schiacciato», dice di Lui Isaia nel ritratto del Servo sofferente. Punto estremo di uno stato singolare, diciamo noi. Esso è, nello stesso tempo, una porta universale. Questa solitudine in una sofferenza che non è simile ad alcuna altra, raggiunge la solitudine di ogni uomo. Gesù è solo ed è con tutti. Ciò che nella mia prova, vivendola con Lui, mi permette di raggiungere tutti gli uomini. Come è pericoloso isolarsi nella sofferenza. Rabbia, orgoglio, ripicca, posso ritrovare questi sentimenti nelle prove più acute. Gesù vivendo la sua, spoglia la nostra di tale ripiegamento su se stessi. In questo abisso di solitudine, Egli è i fratello universale, essendo più che mai rivolto verso il Padre, proprio quando sembra abbandonato dal Padre. E mentre è nella notte della solitudine, non si rassegna, non si rivolta, non si indurisce. Gesù non ha nulla dell’eroe. È per questa ragione che chiede l’aiuto dei suoi più intimi, e, attraverso loro, il nostro. Egli ripete allora, instancabilmente, la stessa preghiera e fa di essa, ciò che essa era già in speranza, la preghiera di tutta l’umanità. Gesù non ha nessuna risposta da dare alla nostra questione se non Lui stesso. Egli non spiega, agisce, si alza e va. Egli è il puro consenso, non è possibile per Lui scegliere altrimenti, impegnato com’è per tutti i suoi membri. Egli non ha più la libertà ed è supremamente libero. È l’uomo perfetto nella libertà che Dio gli dona per acconsentire all’Amore. E, di fatto, è all’Amore che Egli acconsente, deciso a viverlo fino all’estremo delle sue forze umane. [Clicca qui per leggere l’intero testo] |
JEAN LAPLACE La libertà nello Spirito. La guida spirituale |
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PASQUALE BRIZZI |
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Il Vangelo ci propone di usare i tre linguaggi: il linguaggio della mente, il linguaggio del cuore e il linguaggio delle mani. E questi tre linguaggi in modo armonioso: quello che pensi lo senti e lo realizzi. La tua informazione scende al cuore, lo commuove e lo realizza. E questo armoniosamente: pensare ciò che si sente e ciò che si fa. Sentire ciò che penso e che faccio; fare ciò che penso e che sento. |
Papa Francesco ai giovani di Manila – 18 gennaio 2015
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«Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime» (Mt 11,29). Figli miei, considerate, vedete e osservate intensamente la profondità di questo insegnamento, la sublimità di questa direttiva, il suo fondamento, la sua radice. Non ha detto: «Imparate da me a digiunare», sebbene, per darci l'esempio e a nostro vantaggio, abbia digiunato quaranta giorni e quaranta notti. Non ha detto imparate da me a disprezzare il mondo e a vivere in povertà», anche se è vissuto in grande povertà e ha voluto che ci vivessero i suoi discepoli. Non ha detto: «Imparate da me a fare miracoli», sebbene li abbia compiuti con potenza e abbia voluto che i suoi discepoli li facessero nel suo nome. Ha detto soltanto questo: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore». Egli, infatti, ha posto veramente l'umiltà del cuore e la mansuetudine del corpo come fondamento e radice saldissima di tutte le virtù, perché né l'astinenza né la durezza del digiuno né la povertà esteriore né la miseria del vestito né le vistose azioni virutose sono qualcosa, senza l'umiltà del cuore. |
Angela da Foligno
Il Libro
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È difficile parlare del silenzio appropriatamente. E tuttavia è uno degli aspetti fondamentali dell'ascesi del cuore o castità dello spirito che dispongono alla preghiera. […] In quanto consente la concentrazione, il silenzio è intensa presenza a ciò che esiste, e al di là delle cose. Esso esige una lunga educazione, poiché nasce dal desiderio del cuore, e non da una volontaristica decisione. L'artista, l'innamorato, fanno silenzio dinanzi all'oggetto della loro concezione o del loro desiderio. Così colui che cerca il senso delle cose e tende verso Dio, si rende attento attraverso il silenzio ad ogni parola di rivelazione per «meditarla nel suo cuore» (Lc 2,51). |
Jean Laplace La preghiera. Desiderio e incontro. EDB, 66.
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La preghiera è una pratica e a pregare s'impara pregando. Il pericolo dei principianti non è tanto questione di metodo, ma di impazienza. Si tratta di acconsentire a persistere nel tempo. Dopo essersi resi disponibili a Dio e aver chiesto lo Spirito Santo, all'inizio della preghiera, conviene dunque persistere durante quel tempo che noi abbiamo scellto di consacrare a quest'azione. Il valore della preghiera consiste nella pratica della virtù della fede, della speranza e della carità. Il tempo della preghiera, questo tempo dato a Dio, e che non ammette scusa alcuna per non darglielo, si divide in modo ineguale, secondo i giorni e gli anni della vita, in momenti di grandi desideri, di grandi aridità, di tentazione o semplicemente di squallida tiepidezza. Ma l'importante è la fedeltà a questo tempo dato a Dio e la messa in opera delle virtù teologali [cioè facendo atti di fede, di speranza e di carità]. |
François-Marie Humann Amare come Dio ci ama EDB, 79 |
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«Accetto tutto per amore del buon Dio,
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S. Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo
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«Sto in ginocchio davanti a Dio, per stare in piedi davanti agli uomini» |
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Quando Abramo saliva il monte dove il Signore gli aveva chiesto di sacrificare Isacco, non pensava altro che al figlio. Quando Abramo discese quel monte, non pensava altro che a Dio. |
P. Andrea |
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La famiglia stessa è il grande mistero di Dio. Come «chiesa domestica», essa è la sposa di Cristo. La Chiesa universale, e in essa ogni Chiesa particolare, si rivela più immediatamente come sposa di Cristo nella « chiesa domestica » e nell'amore in essa vissuto: amore coniugale, amore paterno e materno, amore fraterno, amore di una comunità di persone e di generazioni. L'amore umano è forse pensabile senza lo Sposo e senza l'amore con cui Egli amò per primo sino alla fine? Solo se prendono parte a tale amore e a tale « grande mistero », gli sposi possono amare « fino alla fine »: o di esso diventano partecipi, oppure non conoscono fino in fondo che cosa sia l'amore e quanto radicali ne siano le esigenze. Questo indubbiamente costituisce per essi un grave pericolo. [Clicca qui per leggere l’intera lettera] |
S. Giovanni Paolo II Lettera alle famiglie |
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Nella vita di tutti i giorni, il nostro cuore resta ordinariamente nascosto. Emerge appena alla coscienza. Viviamo quasi del tutto immersi nei sensi esteriori, ci perdiamo nelle nostre impressioni e nei nostri sentimenti, in tutto ciò che ci attira o si oppone… […] il nostro cuore sonnecchia e non batte ancora al ritmo dello Spirito. Gesù ce l'ha sovente rimproverato: il nostro cuore è cieco, indurito e sbarrato (cf Mc 8,17). È lento e pigro ( cf Lc 24,25), pieno di tenebre. Si appesantisce nel piacere e nelle occupazioni (cf Lc 21,34). Il nostro cuore ha bisogno di essere circonciso. "Circoncidete il vostro cuore per amare il Signore vostro Dio e servirlo con tutto il cuore e tutta l'anima" (Dt 10,12-22). L'amore verso Dio e verso il prossimo ne saranno il frutto, perché un cuore buono produce buoni frutti (cf Mt 7,17). Ritrovare il cammino verso il proprio cuore è il compito più importante dell'uomo. In cerca di uno spazino interiore ancora sconosciuto, l'uomo è un pellegrino alla ricerca del proprio cuore, del suo essere più profondo. Ognuno porta in sé, secondo la mirabile espressione di Pietro, nella sua Prima Lettera, "l'uomo nascosto nell'intimo del cuore" (1Pt 3,4). Ciò costituisce la nostra realtà più profonda: quello che siamo noi, nient'altro. Là Dio ci incontra e soltanto a partire di là noi possiamo ancora a nostra volta incontrare gli uomini. Là Dio ci parla e a partire di là possiamo anche noi parlare agli uomini. Là riceviamo da Lui un nome nuovo e ancora misterioso, che Lui solo conosce e che sarà nostro per l'eternità nel suo Amore; e a partire di là soltanto potremo fra poco pronunciare il nome di un altro, nello stesso Amore. Ma non vi siamo ancora giunti: siamo solo in cammino verso il nostro cuore. Il mondo meraviglioso che ci attende merita uno sforzo coraggioso. |
André Louf
Lo Spirito Santo prega in noi, Qiqajon-Bose, 18-19 |
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La cosa più importante nella nostra vita, non è poi tanto ciò che noi possiamo fare, ma piuttosto che lasciamo spazio all'azione di Dio. Il grande segreto di tutte le fecondità e di tutte le crescite spirituali è imparare a lasciare agire Dio: «Senza di me non potete fare nulla» dice Gesù. […] Ebbene, una delle condizioni più necessarie per permettere alla grazia di Dio di agire nella nostra esistenza è dire «sì» a ciò che noi siamo e alle situazioni in cui ci troviamo a vivere. […] Dio non ama delle persone "ideali", delle persone "virtuali". Non ha amore che per delle persone reali, concrete. Non gli interessano i santi da vetrina, ma i peccatori che noi siamo. A volte sprechiamo un sacco di tempo delle nostre vite a lamentarci di non essere questo o quello, a compiangerci per questo difetto o quella limitazione, a immaginarci tutto il bene che potremmo fare se, invece di essere quello che siamo, fossimo uno meno ferito, più dotato di questa o quella virtù e così via. È tutta energia sprecata, con nessun altro risultato se non di rallentare il lavoro dello Spirito Santo nei nostri cuori. Molto spesso ciò che blocca l'azione della grazia divina nei nostri cuori non sono tanto i nostri peccati o i nostri errori, quanto piuttosto la mancanza di assenso alla nostra debolezza, tutti i rifiuti, più o meno coscienti, a ciò che siamo o alla nostra situazione concreta.
Per "liberare" la grazia nella nostra vita e permettere dei cambiamenti profondi e spettacolari a volte basterebbe semplicemente dire "sì" – un sì ispirato alla fiducia in Dio – ad aspetti della nostra esistenza verso i quali abbiamo una posizione di rifiuto interiore. Non ammetto di non avere quella qualità o di possedere quella debolezza, di essere stato segnato da questo o quell'avvenimento passato, di essere caduto in questo o quel peccato e così via. E senza rendermene conto, rendo vana l'azione dello Spirito Santo, il quale ha pienamente presa sulla mia realtà soltanto nella misura in cui io stesso l'accetto, la mia realtà: lo Spirito Santo non agisce mai senza la collaborazione della mia libertà. Se non mi accetto come sono, non permetto allo Spirito Santo di migliorarmi
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JACQUES PHILIPPE La libertà interiore. La forza della fede, della speranza e dell'amore
San Paolo
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Preghiera di S. Tommaso Moro
Signore dammi la forza di cambiare le cose che posso modificare,
la pazienza di accettare quelle che non posso cambiare
e la saggezza per distinguere la differenza tra le une e le altre.
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